80 anni di Centro Sperimentale di Cinematografia (e non sentirli)
1965 – 1975
Il canto d’amore di Alfred Prufrock di Nico d’Alessandria (1967, 20’)
Il testo di Eliot viene letto, interpretato, manipolato dalla voce di Carmelo Bene, il cui accento anticipa quello di Volonté in Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto e ben si sposa con le distorsioni sonore prodotte da Luciano Berio, che fanno da contrappunto più che da semplice sottofondo: vocalizzi, cigolii, suoni stridenti, voci umane-inumane. Il regista, qui anche attore, insegue immagini non meno dissonanti.
L’imperatore di Roma di Nico d’Alessandria (1988, 89’)
La Roma degradata che fu già raccontata da Pasolini, squallida periferia di rovine, immondizie, drogati e prostitute, è attraversata da Gerry (G. Sperandini che fa se stesso), biondo vichingo tossicodipendente e schizofrenico che si proclama imperatore (e camminatore) d’una città senza più domìni né dignità. Gerry, nel delirio d’una notte insonne, s’immagina d’essere un sovrano dell’Urbe tornato a portare la vita dopo la fine del mondo.